Nuova intrigante mostra a cura del critico Giammarco Puntelli.
Intitolata “Nel segno del sacro” si tiene nel Convento di Santa Maria delle Grazie di Gravedona (Como) dal 5 al 24 agosto e ospita svariati dipinti del pittore emiliano Giuseppe Menozzi.
L’artista, nato nel 1956 a Mirandola in provincia di Modena, iniziò ad esporre fin da giovanissimo e tra le sue opere ricordiamo a Santa Maria degli Angeli ad Assisi, all’Expo Arte di Bari, all’Arte Fiera di Bologna, all’Art Expo di Brescia, Bidart Bergamo Internazionale D’Arte, al Castello di Spezzano.
In questa nuova mostra ci svela il suo percorso, attraverso il sacro, in cui si intravedono svariate influenze di altri grandi artisti.
Non possono non notare alcuni tratti di Monet e degli Impressionisti in generale in quadri come “Scorcio”, “Primavera”, “Estate” e “Paesaggio Marino”, anche per i colori e per il modo soffuso di ritrarre l’ambiente, con piccole pennellate.
Nel percorso che seguiamo arriviamo a dipinti con stili diversi del maestro Menozzi, mostrandoci la sua poliedricità, la sua capacità di saper fare propri periodi artistici differenti.
Colmo di suggestione divina è “Materia”, in cui i colori chiari si mescolano tra di loro in maniera originale e articolata, come a spingerci alla ricerca del mistero.
Altrettanto affascinante è “Dolore”, immerso di un rosso fuoco che avvolge lo spettatore, facendoci sentire la sofferenza di un’anima tormentata.
Continuando nel percorso del sacro, si resta ammaliati da “E Sodoma Rise”, dipinto che rappresenta in maniera originale la celebre città biblica, raccontandone il peccato, attraverso corpi nudi, molto procaci, quasi in stile Botero, avvolti di nuovo dal rosso, un rosso molto particolare, meno scuro, eppure più tetro e inquietante.
“Pensiero di pace” è tra i quadri con chiari riferimenti all’arte moderna, colpisce per lo sguardo triste nel mezzo, uno sguardo alla ricerca di speranza e di pace, uno sguardo femminile.
Una croce svetta ne “ll sapiente” in mezzo a squarci di corpi nudi, come se fossero privati di qualcosa e in un angolo l’occhio malinconico e indagatore di un uomo, che pare vegliare su tutti gli esseri con affetto e saggezza.
Tra le opere di più grande impatto vi è “Sarayevo – Pagina Rossa”, una sorta di inferno capovolto, in cui si può vedere tutta la brutalità e tutto l’orrore della guerra, non solo quella che sconvolse l’ex Jugoslavia, ma tutte le guerre.
Un monito terribile e violento che non lascia indifferenti.
Altrettanto cupo e affascinante è “Il Cristo”, dove, in mezzo ad una gigantesca croce, vi è il disegno del corpo del redentore, coperto in parte da una sorta di fiume bianco in tempesta, che generalmente è simbolo di purezza ma in questo caso non fa altro che rimarcare il sacrificio con i segni che danno impressione allo spettatore dell’ossatura portata alla luce , che lo rende ancora più macabro e sofferente.
“I girasoli di Praga” sono inquietanti e suggestivi allo stesso tempo. I corpi accennati e racchiusi nella corona del fiore fanno pensare ai bozzoli visti nel celebre film di fantascienza Matrix. Inquietante perché sembra rimarcare l’interdipendenza tra uomo e natura ma è un rapporto faticoso, opprimente. La scelta dei girasoli non deve essere casuale. Dal nome stesso abbiamo a che fare con fiori che seguono perennemente la luce del sole, non ne possono fare a meno per la loro stessa sopravvivenza. E così anche l’essere umano che non può prescindere dall’energia di questo astro ma anche dall’energia vitale e aggressiva determinata dall’immersione dell’intero dipinto in un rosso acceso, color fuoco. Una lotta, una sorta di ricerca di un equilibrio per dominare le proprie pulsioni e passioni.
La stessa sorta di lotta sembra quasi venire fuori da “Ritrovando il sole.” Il sole fisicamente appare appena accennato al centro. Qui abbiamo apparentemente lo stesso tratto, lo stesso gioco visto ne “Il Cristo”: netti segni bianchi che appaiono come ossa portate alla luce.
La domanda è: il sole ritrovato è quello interiore? Una propria luce che permette di diradare l’oscurità del mondo così immerso nella negatività, nel sangue versato ingiustamente.
Notevole anche la forza evocativa di altri suoi dipinti, soprattutto nell’opera “Ovulazione”. Se si nascondesse il titolo, comunque si riuscirebbe a comprendere perfettamente il soggetto per l’efficacia della metafora visiva scelta, attraverso un sapiente utilizzo dei contrasti e delle sfumature di colore.
Ci troviamo di fronte a un artista con una precisa idea spirituale, che cerca di interpretarla ed esprimerla con un attenta ricerca – utilizzando tecniche che vanno anche al di là della semplice pennellata pura, con uno studio personale sui materiali – e che si traduce in forti metafore che non possono non colpire per la loro potenza, inducendo lo spettatore a profonde riflessioni sul mondo e sull’essere umano.
Articolo redatto da Simona Ingrassia e Silvia Azzaroli